di Maria Giuseppina Malfatti Angelantoni
Quando si parla di Milano e della Lombardia raramente se ne parla come di luoghi ricchi di arte, colpa di Giorgio Vasari che, nei suoi scritti sugli artisti più famosi d’Italia, dette la preminenza assoluta a Firenze e Roma. Dopo di lui gli storici e i critici d’arte hanno seguito questo indirizzo e salvo per alcuni studi monografici e grazie a cultori di storia locale, non si è parlato molto di arte lombarda. Ma, a partire dagli Anni ’60 del Novecento, con molto coraggio, la professoressa Maria Luisa Gatti Perer, col supporto di validi assistenti, dette inizio a studi approfonditi e mirati sulla realtà artistica lombarda legandola strettamente al contesto storico, culturale ed economico della regione collegata più di altre in Italia ai Paesi d’Oltralpe e del centro Europa. Con lei si cominciò a conoscere quanta ricchezza d’arte avesse abbellito le città, le chiese, i palazzi e le ville della regione. Nacque una nuova disciplina: Storia dell’Arte Lombarda, diffusa dalla professoressa Gatti Perer dalla sua cattedra presso l’Università Cattolica di Milano.
Milano, con la sua storia di fiorente colonia romana che divenne in seguito sede imperiale, poi Libero Comune e Ducato in età medioevale e rinascimentale e infine luogo di raffinati collezionisti e committenti d’arte a partire dal Seicento, non poteva non aver prodotto arte come finalmente oggi è accertato.
A Mediolanum, fondata dai Galli Insubri, soggiornò Giulio Cesare e studiò Virgilio, nel IV secolo fu cantata dal poeta Decimo Magno Ausonio come una delle più belle città dell’Impero.
Fino dall’età repubblicana la città fu cinta di mura dal valore sacrale, crebbe secondo le norme di piani regolatori ed ebbe il foro, che era all’incrocio di due strade perpendicolari che segnavano il reticolo delle vie, erano, il “cardo maius”, da nord a sud, e indicava il percorso in cielo della Stella Polare, e il “decumanus maximus”, da est ad ovest, che segnava sulla terra il percorso del sole. Il Foro di Mediolanum si trovava nel sito dov’è la Biblioteca Ambrosiana, nei cui sotterranei, come nella cripta dell’annessa chiesa del Santo Sepolcro, si trovano ancora lastre del basolato. Purtroppo dall’Alto Medioevo molto è andato perduto, o nascosto, gli edifici trasformati, utilizzati con scopi diversi o distrutti. Milano è sempre stata una città industriosa, con molte attività e commerci per cui spesso si sono occupate aree dove c’erano edifici forse già cadenti e si sono sfruttati spazi alterandone la funzione. Scomparvero anche le molte statue che ornavano le vie e gli edifici perché venivano fatte a pezzi e bruciate per ottenere la calce, mentre dagli edifici venivano asportate pietre e marmi per nuove costruzioni. Attraverso i secoli si era persa la memoria della ricchezza delle opere d’arte esistenti a Milano prodotte soprattutto da quando, nel 285 d.C., con l’imperatore Massimiano, al tempo della Tetrarchia, la città divenne una delle quattro sedi imperiali e la Corte fu generosa committente di opere architettoniche e oggetti suntuari.
In seguito, eventi violenti scossero tutto il mondo romano e sconvolsero l’Impero però, malgrado invasioni, guerre e lotte dinastiche, Milano rimase sede imperiale fino al 402 quando l’imperatore Onorio, figlio di Teodosio il Grande, trasportò la sua sede a Ravenna, mentre il fratello Arcadio si stabilì a Bisanzio, determinando così la divisione dell’Impero Romano in due Stati separati l’uno dall’altro, l’Impero Romano d’Occidente e l’Impero Romano d’Oriente o Impero Bizantino. Ma a Milano, grazie all’Editto di tolleranza religiosa emanato da Costantino nel 313, anche quando non fu più sede imperiale, rimase il potere e lo splendore della Chiesa ambrosiana guidata da grandi vescovi.
Durante il lungo periodo di permanenza dell’imperatore Massimiano Erculeo a Milano, la città fu ampliata e abbellita. A oriente furono costruite le grandi Terme Erculee, fra Corso Vittorio Emanuele e Corso Europa, con lo spostamento della cinta muraria repubblicana da via Marino-piazza della Scala a via Montenapoleone. A occidente la cinta fu allargata con la costruzione del palazzo imperiale addossato alle vecchie mura corrispondenti alle attuali via Morigi e via Brisa. Qui fu costruito un intero quartiere imperiale completo del circo che era luogo di pertinenza esclusivamente imperiale, i suoi lati lunghi fungevano da doppio antemurale.
Nell’età rinascimentale, e poi nel Settecento, furono fatte ricerche sulla esistenza di luoghi o edifici romani sulla base di antichi scritti, di epigrafi “vaganti”, per scoperte casuali o sulla base della toponomastica abbastanza indicativa come via Circo, Viarena, via della Zecca, via San Giovanni sul Muro, cioè presso le mura di Porta Vercellina e via di Santa Maria alla Porta, presso lo stesso importante ingresso a Milano da occidente. Fortunatamente dagli Anni ’30 del Novecento campagne di scavo seguite da studi approfonditi hanno testimoniato che Mediolanum era stata una città non solo importante per il suo ruolo storico, i traffici e i commerci, ma che era stata anche bella per i suoi monumenti e per opere d’arte. Un contributo determinante alla scoperta della città antica è stato dato, purtroppo, dai bombardamenti della II Guerra Mondiale che sconvolgendo il tessuto urbano plurisecolare, permisero di vedere le grandi costruzioni di edifici perduti. In seguito sono stati di grande utilità gli scavi delle linee della metropolitana milanese.
Rispetto a Roma, e ad altre città antiche, Milano ha dato pochi reperti ma questi parlano di edifici ricchi di marmi con pavimenti a mosaico, pitture murali e statue. E la stessa testimonianza di ricchezza d’arte è data da oggetti suntuari o d’uso, anche se non sono molti poiché Milano subì l’attacco e la razzia degli Unni nel 452, i disastri e l’occupazione durante la guerra goto-bizantina dal 535 al 553, e la distruzione, anche con furto di reliquie, voluta nel 1162 dall’imperatore Federico Barbarossa che risparmiò solo le grandi basiliche.
Gli oggetti suntuari e d’uso e le statue, spesso solo parti di esse, sono esposti principalmente nel Museo Archeologico Civico di Milano, in corso Magenta, dove occupa gli spazi del monastero femminile benedettino, chiamato Monastero Maggiore di San Maurizio, costruito nel ‘500 sul preesistente e antichissimo monastero longobardo nel sito del circo romano.
Tra le opere qui esposte che meglio rappresentano la ricchezza e la qualità artistica a Milano nel IV secolo, spicca la Patera di Parabiago, così chiamata dalla località in cui fu ritrovata nel 1907. Si tratta di un piatto “cerimoniale”, votivo, in argento lavorato a sbalzo con tracce di doratura. Vi è rappresentato il trionfo di “Cibele”, la grande Madre e del giovane Attis, morto e resuscitato. Sono attorniati da sacerdoti e amorini danzanti ed era usata come copertura di un’urna cineraria. Celebra infatti il culto di Cibele che prometteva ai fedeli la resurrezione e la vita eterna.
L’altra opera eccezionale è la Coppa “diatreta”, ossia “traforata”, scoperta in una ricca tomba del Novarese nel 1675 (nella foto). È detta anche Coppa Trivulzio dalla famiglia che l’aveva nelle sue collezioni Questo oggetto è un capolavoro dell’arte vetraria romana, se ne conoscono pochi altri esemplari e non così raffinati. Si tratta di una coppa di vetro soffiato, molto spesso, rivestita da un reticolo intagliato nello spessore. Sotto il bordo corre una scritta: “Bibe vivas multis anni” ossia “Bevi che tu possa vivere molti anni”. Un oggetto così straordinario non poteva che venire dall’ambiente di corte.
A Milano, dopo gli ultimi scavi e i relativi studi, sono emerse molte testimonianze dell’architettura romana in particolare quella di età imperiale: la torre del circo, la torre poligonale del circuito murario, entrambe nel sito del Monastero Maggiore, e i resti delle terme del palazzo imperiale in via Brisa, ma c’era anche una Via Colonnata di ingresso monumentale alla città come continuazione della Via Emilia, la strada che veniva da Roma. Praticamente corrispondeva a tutto il corso di Porta Romana ed era simile a quelle di molte altre citta di età ellenistica come Apamea e Palmira. Iniziava con un arco quadrifronte, molto citato dagli scrittori antichi che però non sapevano esattamente dove fosse, e come fosse, poiché scomparve dopo la sua completa distruzione voluta dal Barbarossa nel primo assedio di Milano del 1158. Sono state trovate le sue sostruzioni alla Crocetta, in occasione di scavi per la linea Tre della metropolitana.
Ma l’opera che maggiormente testimonia la grandezza e la bellezza delle opere di Massimiano a Milano è il suo mausoleo che si trovava fuori delle mura cittadine a occidente, nel sito della basilica cinquecentesca di San Vittore e dell’annesso monastero olivetano. Dagli scavi eseguiti dopo la II Guerra Mondiale nel giardino del Museo della Scienza e della Tecnologia, dove insisteva il monastero di San Vittore, sono stati trovati muri spessi in opus coementicium che indicano la costruzione di un vasto recinto ottagonale, un po’ schiacciato, quasi ad ellissi, nei cui due fuochi si trovavano un tempietto dedicato ad Ercole, la divinità eponima di Massimiano Erculeo, e il monumento funerario imperiale a pianta ottagonale.
Questo monumento era stato costruito su una precedente necropoli. Il grande recinto ottagonale aveva all’interno del muro nicchie per statue di divinità forse simili a quelle della caserma degli “Equites singulares” presso il Laterano. Erano, questi militari, una fratellanza di cavalieri a difesa dell’imperatore, provenivano quasi tutti dalla Tracia e professavano una religione misterica, ricca di spiritualità, prossima all’Orfismo. Scomparso il grande recinto ottagonale, il mausoleo imperiale in età alto medioevale fu trasformato nella chiesa di San Gregorio, addossata alla antichissima chiesa di San Vittore, dedicata a questo santo martire perché la tradizione diceva che in quel luogo egli fosse stato sepolto.
Intorno a queste due chiese in età medioevale fu realizzato un sepolcreto cristiano La chiesa di San Gregorio è ben nota agli studiosi per il disegno nitido eseguito alla metà del ‘500 da un artista tedesco, mentre la descrizione esatta dell’interno del mausoleo imperiale ci è data da Bonaventura Castiglioni, dotto preposito della Basilica di Sant’Ambrogio che, alla metà del ‘500, su richiesta di alcuni vescovi spagnoli di passaggio da Milano provenienti dal Concilio di Trento, descrive le bellezze della città. Nel far questo però inveisce in modo violento contro l’insensata distruzione che si sta compiendo in quegli anni di uno dei monumenti più belli di Milano pervenuti dall’antichità. Bonaventura Castiglioni descrive l’edificio, in mattoni, ma sfavillante per i mosaici e i marmi che lo decoravano all’interno che, come afferma un altro studioso del tempo, lo rendevano più bello della basilica di San Lorenzo.
Questo mausoleo a Milano era certamente pari a quello magnifico in pietra, ancora esistente a Spalato, dell’imperatore Diocleziano, “collega” di Massimiano sul trono imperiale. Tutto quello che ne è rimasto è il sottopavimento di una nicchia sul quale si vedono tracce di piastrelle che vi erano cementate. Il luogo si può visitare da Via Olivetani 3, nei sotterranei della chiesa di San Vittore.